Elastografia testicolare

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Dagli albori della medicina, sino all’avvento dell’Ecografia, la diagnosi dei noduli del testicolo è stata affidata esclusivamente alla palpazione. La differenziazione tra forme benigne e maligne si basava esclusivamente sull’analisi manuale della consistenza del tessuto. La valutazione palpatoria, per quanto estremamente utile, è sempre stata condizionata dall’esperienza del medico oltre che dalle dimensioni dei noduli. Considerando tali limitazioni, è facilmente comprensibile quale progresso abbia rappresentato l’Ecografia e perché sia diventata l’indagine di riferimento.


L’Ecografia è infatti in grado di identificare anche noduli di dimensioni millimetriche e ha il ruolo primario di differenziare le lesioni intratesticolari (più frequentemente maligne) dalle lesioni extratesticolari (usualmente di natura benigna). Anche l’ecografia presenta, comunque, delle limitazioni. Infatti, una volta accertata la presenza di un nodulo o pseudo-nodulo intratesticolare, non è in grado di caratterizzarlo. In linea generale il problema non si pone per i noduli di dimensioni superiori a 10 mm usualmente candidati all’esplorazione chirurgica. L'incertezza è, invece, sostanziale per le alterazioni minori per le quali l’approccio chirurgico potrebbe rivelarsi eccessivamente invasivo in caso di benignità.


Tentativi di caratterizzazione tessutale dei noduli del testicolo sono stati fatti negli scorsi anni ricorrendo al Color Doppler. Purtroppo diversi studi hanno dimostrato che la vascolarizzazione identificabile con Color Dopper dipende dalle dimensioni dei noduli più che dalla loro tipologia istologica ed è significativa solo per i noduli >15mm.

La disponibilità di una nuova metodica diagnostica quale l’Elastografia, accreditata di notevoli potenzialità nella caratterizzazione dei tessuti, ha pertanto suscitato grande interesse in ambito clinico.


Diversamente dall’ecografia che analizza le proprietà acustiche dei tessuti, l’Elastografia ne valuta le proprietà meccaniche visco-elastiche. Si basa sul presupposto che molte patologie determinano un cambiamento dell’elasticità tessutale. In linea di massima, i tessuti “benigni” hanno caratteristiche “elastiche”; al contrario, i tessuti “rigidi” sono usualmente considerati espressione di tumori o processi infiammatori cronici.

L’Elastografia si propone pertanto come una tecnica di “palpazione elettronica” in grado di analizzare le differenze strutturali dei tessuti.


In ambito scrotale, l'Elastografia è finalizzata a caratterizzare le lesioni identificate dall’Ecografia, e a definirne, con adeguata accuratezza, la natura benigna e maligna.


Esistono due diverse metodologie per valutare l’elasticità dei tessuti: una è l’Elastografia Strain (SE), l’altra è l’Elastrografia Shear Wave (2D-SWE). Tutte e due offrono informazioni in tempo reale sul tessuto in esame, ma si differenziano per la tecnica con cui generano le immagini e per il livello diagnostico che consentono. La prima fornisce informazioni qualitative e semi-quantitative. La seconda fornisce informazioni quantitative. Entrambe sono intrinsecamente limitate al rilievo di lesioni tumorali ad elevata rigidità. Bisogna, tuttavia, tener conto che non tutti i tumori sono rigidi e non tutte le lesioni rigide sono necessariamente dei tumori.

Alcuni studi attestano il valore dell'Elastografia Strain (SE) nella valutazione dei piccoli noduli e pseudonoduli del testicolo. L’Elastografia possiede elevata sensibilità e specificità nel differenziare i noduli benigni dai noduli maligni. Dunque, risulta utile in particolare nel valutare le alterazioni di piccole dimensioni che usualmente pongono le maggiori difficoltà diagnostiche. L’Elastografia può pertanto proporsi come il punto di riferimento per l’iter clinico più appropriato delle alterazioni dei testicoli.

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